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The case of Nabil Benamir
Note: the Italian version of the text can be found below
On 19th November 2020, the Court of Cassation confirmed the of 5 years and 10 months sentence for association with terrorist purposes imposed by the Court of Genoa on Nabil Benamir, detained at the maximum-security prison of Sassari.
Nabil Benamir was born in 1987 and is of Moroccan origin. He was arrested in August 2017, in Genoa, for beating his partner of Brazilian origin who was three months pregnant. Locked in a room of her home, the woman managed to escape through the bathroom window and informed the police. For these violent acts, he was tried with an abbreviated rite by the Court of Genoa and sentenced to three years and six months of prison.
This act of violence was the episode which opened a real Pandora's box. Indeed, during the investigations conducted after his arrest, it emerged that Nabil had already been reported, through the SIS - Schengen Information System - as a "leading exponent of the Islamic State, already present in Iraq and Syria" as well as "in charge of returning in Italy to train other members of the Islamic State in the manufacture and use of explosives”.
Further investigations revealed how Nabil had crossed through various countries: he appeared to have arrived in Germany in August 2013 and then, due to the refusal of his asylum application, moved to the Netherlands in December 2016 where he remained until April 2017, after which he finally landed in Italy.
Upon his arrival in Italy, Nabil had a long beard typical of the Salafist modus. He did not observe or practice Islam, drank alcohol, smoked and frequented some fellow villagers who were camping near the beach "La Foce" in Genoa. Shortly after, Nabil stopped hanging out with them and his behaviour changed considerably. He suddenly became taciturn, violent, subject to frequent mood swings and shared Islamic State propaganda material online, including brutal beheadings videos.
He used social networks, especially Telegram, to maintain contact with closed groups dedicated to spreading jihadist propaganda. Among them, there was a channel, limited to only eight participants, containing documentation and videos relating to construction models and strategies for using the so-called "Occasional explosive devices", but also firearms and ammunition. In the 6 different phone cards traced by the investigators, many images were found, among which were screenshots of cell phones with electrical diagrams aimed at manipulating the internal circuits to use the phones as detonators for explosive devices with instructions for use in Arabic.
During his first stay in prison in Genoa, despite that he suspected to be intercepted, Nabil declared that he belonged to the Islamic State and that he was a terrorist, singing hymns in honour of the Caliph. Later, in the prison of Sassari, he made reference to violent concepts numerous times, including threats aimed at Italy: "I hate Italy ... I hate Italy I hate Italy and the Kuffar (disbelievers, infidels, A/N) ... and I hate those who help the Kuffar, I hope an earthquake will come and wipe Italy from existence - children - women - men - elderly, everyone- because ISIS is Italian and is killing my brothers in Iraq, the army ... all the same, […] Allah curse Italy ».
Although the genesis of Nabil's radicalisation process is not clear, a sudden change in his behaviour towards his partner, treated as an inferior being, clearly emerged. According to his partner, Nabil would have studied the Koran and would have been persuaded that he had the right tools to persuade other subjects to embrace his religion. The woman also reports that she had never seen him pray but that he dedicated every evening, to listen to the sacred book through the telephone.
Shortly before arriving in Italy, messages contained in a chat with his sister testify that Nabil felt fully involved in the jihadist cause: «I have been called by the caller; I have to go to work. Let's talk again inshallah, may God lengthen my age and my destiny. Pray for me the Shahada and accept my work. […]. Listen, tomorrow I'll have to move to Italy, I have to do something important ». Nabil's mission in Europe mainly consisted of training other subjects to carry out acts of terrorism.
In November 2018, Nabil was sentenced to five years and ten months of imprisonment pursuant to Article 270 bis of the Criminal Code by the Court of Genoa with the expulsion from the Italian national territory at the end of the sentence. In November 2019, the Court of Appeal confirmed the first instance sentence, confirmation was also granted from the Supreme Court of Cassation on 19th November 2020.
Il caso di Nabil Benamir
Il 19 novembre 2020 la Corte di Cassazione ha confermato la pena di anni 5 e mesi 10 per associazione con finalità di terrorismo inflitta dal Tribunale di Genova a Nabil Benamir, detenuto presso il carcere di massima sicurezza di Sassari.
Classe 1987, di origine marocchina, Nabil è stato arrestato a Genova nell’agosto del 2017 per avere picchiato la sua compagna di origini brasiliane al terzo mese di gravidanza. Reclusa all'interno di una stanza della sua abitazione, la donna riuscì a fuggire passando dalla finestra del bagno e denunciò il compagno. Per tali atti violenti fu processato con rito abbreviato dal Tribunale di Genova e condannato ad anni tre e mesi sei di reclusione.
Tale atto di violenza fu l’episodio che aprì un vero e proprio vaso di pandora. Nel corso degli accertamenti condotti dopo l’arresto, infatti, emerse che Nadil era stato già segnalato, attraverso il SIS – Schengen Information System – come «esponente di rilievo dello Stato Islamico, già presente in Iraq e in Siria» nonché «incaricato di ritornare in Italia per addestrare altri membri dello Stato Islamico alla fabbricazione ed all’utilizzo di esplosivi».
Ulteriori accertamenti fecero emergere come Nabil avesse transitato in diversi Paesi: risultava essere rientrato in Germania nell’agosto del 2013 per poi spostarsi, nel dicembre 2016 – a seguito del rifiuto della sua richiesta di asilo –, in Olanda, dove rimase fino all’aprile 2017 per approdare, infine, in Italia.
Al suo arrivo in Italia, Nabil portava una lunga barba tipica del modus salafita. Non osservava la religione musulmana, beveva alcolici, fumava e frequentava alcuni compaesani che dormivano accampati nei pressi della spiaggia “la Foce” a Genova. Non molto tempo dopo, Nabil smise di frequentare tali soggetti e cambiò notevolmente il suo comportamento, divenendo improvvisamente taciturno, violento, soggetto a frequenti sbalzi di umore e condividendo online materiale di propaganda di Islamic State, compresi i brutali video delle decapitazioni.
Utilizzava i social network, soprattutto Telegram, per mantenere contatti con gruppi chiusi dediti alla diffusione di propaganda jihadista. Tra di essi, vi era un canale limitato a soli otto partecipanti contenente documentazione e filmati relativi alla costruzione e alle strategie di utilizzo dei c.d. «ordigni esplosivi di circostanza», ma anche di armi da fuoco e munizioni. Nelle 6 diverse schede telefoniche rintracciate dagli inquirenti sono state trovate molte immagini, tra le quali vi erano degli screenshot di telefoni cellulari con schemi elettrici volti alla manipolazione dei circuiti interni per utilizzare i telefoni come detonatori per ordigni esplosivi, con indicazioni d’uso in lingua araba.
Durante la sua prima permanenza in carcere a Genova, Nabil, pur sospettando di essere intercettato, dichiarò di appartenere alle fila di Islamic State e di essere un terrorista, cantando inni in onore al Califfo. Nel carcere di Sassari, poi, esternò numerose volte concetti violenti, incluse minacce rivolte all’Italia: «Odio l'Italia... io odio l'Italia odio l'Italia ed i Kuffar (miscredenti, infedeli, N.d.A.)... e odio chi aiuta i Kuffar, spero che arrivi un terremoto e cancelli l'Italia dall'esistenza - bambini - donne - Uomini - anziani, tutti - perché l'ISIS è italiano e sta ammazzando i miei fratelli in Iraq, l'esercito... tutti uguali, […] Allah maledica l'Italia».
Sebbene non sia chiara la genesi del percorso di radicalizzazione di Nabil, emerge con nettezza un cambiamento repentino nel suo comportamento nei confronti della compagna, trattata come un essere inferiore. Secondo la compagna, Nabil avrebbe studiato il Corano e si sarebbe persuaso di avere gli strumenti idonei per convincere gli altri soggetti ad abbracciare la sua religione. La donna riferisce inoltre di non averlo mai visto pregare ma che, ogni sera, era dedito ad ascoltare il libro sacro mediante l’apparecchio telefonico.
Messaggi contenuti in una chat con la sorella poco prima di arrivare in Italia testimoniano che Nabil si sentiva pienamente partecipe della causa jihadista: «Ha chiamato il chiamante, devo andare al lavoro. Parliamo un'altra volta inshallah, che Dio allunghi la mia età e il mio destino. Prega per me la Shahada e che accetti il mio lavoro. […]. Ascolta domani dovrò muovermi verso l'Italia, devo fare una cosa importante». La missione di Nabil in territorio europeo consisteva principalmente nell’addestrare altri soggetti al compimento di azioni di natura terroristica.
Nabil venne condannato, nel novembre 2018, dal Tribunale di Genova a cinque anni e dieci mesi di reclusione ai sensi dell’art. 270 bis c.p., nonché all’espulsione dal territorio nazionale italiano a fine pena. La Corte di Appello, nel novembre 2019 confermò la sentenza di primo grado; conferma arrivata anche dalla Corte Suprema di Cassazione il 19 novembre 2020.