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Egypt bans Hamas and Saudi Arabia’s Muslim Brotherhood
Giovanni Giacalone on the court order in Egypt to ban all activities of the radical Palestinian group Hamas.
L’Egitto mette al bando Hamas e l’Arabia Saudita i Fratelli Musulmani, tempi duri per le “quattro dita”
Hamas è dunque sempre più isolata e, in quanto parte della Fratellanza, ne sta pagando le conseguenze. E’ un movimento ormai in piena decadenza, non più presente in Siria, privo del supporto territoriale egiziano e mal sopportato persino da molti palestinesi a Gaza, esasperati dal radicalismo imposto dai suoi vertici.
L’Egitto mette fuorilegge Hamas; l’organizzazione islamista è affiliata ai Fratelli Musulmani e considerata complice degli attentati che hanno colpito il paese negli ultimi otto mesi. Nella giornata di martedì un tribunale egiziano ha messo al bando tutte le attività del gruppo radicale palestinese, ordinandone l’immediata chiusura di tutti gli uffici. Dura la reazione da Gaza, dove fonti del movimento hanno affermato che “la decisione è diretta contro la lotta del popolo palestinese”, mentre si attende un commento ufficiale da parte dell’esecutivo di Ismail Haniyeh. Un provvedimento che era da tempo nell’aria visto che lo scorso dicembre la magistratura aveva accusato l’ex presidente islamista Mohamed Mursi e alcuni membri del suo entourage di spionaggio per conto di Hamas e Hizbullah, mettendo così a repentaglio la sicurezza nazionale del paese. Un’accusa molto grave e gli imputati, se riconosciuti colpevoli, rischiano la pena di morte.
Secondo i servizi di sicurezza del Cairo, Hamas sarebbe coinvolto in una “strategia del terrore” messa in atto da fazioni jihadiste in seguito alla deposizione di Mursi del luglio 2013, in tutto l’Egitto ma in particolar modo nella penisola del Sinai, dove negli ultimi sette mesi si sono moltiplicati gli attentati contro polizia ed esercito. In aggiunta altri attacchi hanno sistematicamente preso di mira personaggi politici e persino turisti, come nel caso del pullman di coreani saltato in aria lo scorso 16 febbraio a Taba. Nell’attentato hanno perso la vita l’autista egiziano e tre turisti. Lo scorso 1 febbraio al-Arabiya aveva pubblicato un pezzo in cui il fondatore della Jihad Islamica egiziana, Nabil Naeim, illustrava i rapporti tra i Fratelli Musulmani, Hamas e la neo-nata Ansar Bayt al-Maqdis, che ha rivendicato numerosi attentati negli ultimi mesi.
Il governo del Cairo non ha dunque dubbi sul ruolo di Hamas negli attentati, tanto che lo scorso 11 dicembre l’esercito egiziano aveva distrutto numerosi depositi di armi del gruppo palestinese nel nord del Sinai e un laboratorio nei pressi di Sheikh Zuweid, dove venivano testate varie tipologie di armamenti. Secondo Israele, Hamas avrebbe deciso di depositare le proprie armi all’interno di numerosi magazzini in suolo egiziano in modo da essere fuori dalla portata di possibili attacchi da parte dell’aviazione israeliana. In seguito alla deposizione del governo filo-Fratelli Musulmani però le armi nei depositi sarebbero passate nelle mani di fazioni jihadiste e utilizzate contro obiettivi egiziani.
L’esercito sta inoltre procedendo da mesi con la distruzione dei tunnel sotterranei che collegano il Sinai a Gaza, per evitare il passaggio di armi. Il problema è che quei tunnel sono utilizzati anche per fornire generi alimentari, medicine e altri beni di prima necessità alla popolazione palestinese, stremata dall’embargo israeliano; dunque il provvedimento egiziano, se da una parte mira a salvaguardare la pubblica sicurezza del paese, dall’altra soffoca ulteriormente Gaza. I segnali sono ormai chiari, Hamas non può più contare su alcun sostegno da parte dell’Egitto in quanto ramo palestinese dei Fratelli Musulmani, organizzazione dichiarata terrorista nel paese e messa al bando.
A questo punto Hamas non può fare altro che sperare nella fornitura di armi da parte di Teheran, ma anche in questo caso la situazione non è semplice; proprio ieri la marina israeliana ha fermato nel Mar Rosso una nave partita dall’Iran con armi destinate a Hamas a Gaza. Il carico conteneva decine di missili M-302 con i quali da Gaza si sarebbe potuto colpire gran parte del territorio di Israele. Inoltre sembra che la nuova leadership iraniana capitanata da Rouhani sia maggiormente interessata a contatti con Fatah e la Jihad Islamica palestinese di Ramadan Shallah. Nella giornata di venerdì è poi giunta una notizia che non può che allarmare ulteriormente Hamas, infatti l’Arabia Saudita ha dichiarato i Fratelli Musulmani un’organizzazione terrorista, con conseguente messa al bando di ogni loro attività assieme a Hizbullah, Islamic State of Iraq e Jabhat al-Nusra.
Mohammad Zulfa, un membro del Consiglio della Shura saudita ha dichiarato che è stato un errore aprire le porte di scuole e università a gruppi stranieri che hanno influenzato il pensiero della gioventù del Regno. Hamas è dunque sempre più isolata e, in quanto parte della Fratellanza, ne sta pagando le conseguenze. E’ un movimento ormai in piena decadenza, non più presente in Siria, privo del supporto territoriale egiziano e mal sopportato persino da molti palestinesi a Gaza, esasperati dal radicalismo imposto dai suoi vertici. Lo scorso novembre Ahmad Assaf, portavoce di Fatah nella Cisgiordania, aveva duramente condannato l’operato del gruppo islamista, che ha portato la popolazione a condizioni di vita miserabili, a differenza della leadership di Hamas, che continua a vivere bene.
Assaf ha inoltre dichiarato che il gruppo islamista cerca di controllare la vita quotidiana della popolazione nei minimi dettagli, arrivando al punto di imporre come tagliarsi i capelli, cosa indossare e mettendo al bando il narghile. Impossibile esprimere dissenso in quanto Hamas soffoca con la forza qualsiasi tipo di critica. Recentemente a Gaza è nato il movimento Tamarrod palestinese, sulla scia di quello egiziano, rivelatosi fondamentale per la deposizione del governo Mursi; un elemento che preoccupa molto la leadership islamista in quanto pare che Tamarrod stia diventando molto popolare, soprattutto tra i giovani insoddisfatti dell’operato di un Hamas che sembra molto più interessato al mantenimento del potere tramite la coercizione e la strumentalizzazione religiosa, piuttosto che alle drammatiche condizioni della popolazione di Gaza.
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