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Israele-Palestina, si riaccende la guerra

11 May 2021

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Nella notte tra il 10 e l’11 maggio, Israele ha lanciato decine di strike aerei contro almeno 150 obiettivi nella Striscia di Gaza.

Rivista Italiana Difesa, 11 May 2021

by Lorenzo Marinone / Photo credits: Rivista Italiana Difesa

Nella notte tra il 10 e l’11 maggio, Israele ha lanciato decine di strike aerei contro almeno 150 obiettivi nella Striscia di Gaza. L’operazione, battezzata “Guardiano delle mura”, si è concentrata su postazioni di lancio di razzi, 2 tunnel usati dalla militanza palestinese, una struttura dell’intelligence militare di Hamas e diversi depositi di armi. L’attacco delle Israeli Defence Forces (IDF) avrebbe causato almeno 24 morti e un centinaio di feriti tra i civili. Gli strike arrivano in seguito al lancio di oltre 230 razzi da parte dei gruppi armati di Gaza, iniziati nel tardo pomeriggio del 10 maggio e diretti sia verso obiettivi “tradizionali” come Sderot e Ashkelon, nei pressi della Striscia, sia verso Gerusalemme. Dopo una pausa di poche ore, nel pomeriggio dell’11 maggio sono ripresi sia i lanci di razzi da Gaza che gli strike israeliani, che avrebbero ucciso 2 comandanti militari di alto livello della Jihad Islamica Palestinese, tra cui il capo dell’unità responsabile per il lancio di razzi Samah Abd al-Mamlouk. Il sistema di difesa antiaerea israeliano IRON DOME ha intercettato una percentuale molto alta di razzi, superiore al 90%. Ma a tratti la militanza palestinese è riuscita a saturarne la capacità di risposta colpendo edifici civili in alcune città israeliane. Nel pomeriggio dell’11, ad esempio, su Ashkelon sono stati lanciati 137 razzi in un lasso di tempo di appena 5 minuti. Il braccio militare di Hamas, le Brigate Ezzedin Al Qassam, hanno dichiarato di aver usato per la prima volta il razzo A-120, con gittata ipotizzata in 120 km e modellato sull’R-160, impiegato dal movimento islamista nella guerra del 2014 e presentato dal gruppo come il razzo a più lunga gittata tra quelli di produzione domestica (effettivamente in grado di raggiungere Haifa, ad almeno 140 km). La recente escalation scaturisce da un intreccio di fattori. La causa più prossima sono gli scontri iniziati venerdì 7 maggio alla moschea di al-Aqsa, sulla Spianata delle Moschee nel cuore di Gerusalemme. Le forze di sicurezza israeliane hanno represso con la forza, causando alcune centinaia di feriti, i manifestanti palestinesi che si erano riuniti nel luogo santo per protestare contro gli sfratti forzati di 6 famiglie da un quartiere storico della città, Sheikh Jarrah, al cui posto si sarebbero insediati dei coloni israeliani. Sheikh Jarrah si trova a Gerusalemme Est, nella parte della città sotto occupazione israeliana, ragione per cui gli sfratti vengono letti dai Palestinesi e da gran parte della Comunità Internazionale come la prosecuzione della politica degli insediamenti portata avanti da Israele da decenni. Queste tensioni sono acuite dalla concomitante fine del Ramadan e dalla ricorrenza del Giorno di Gerusalemme (9-10 maggio), in cui gli Israeliani celebrano la conquista della città con la guerra del 1967. Sulla ripresa del conflitto influiscono anche le rispettive congiunture politiche. Hamas non ha esitato a capitalizzare le tensioni lanciando un ultimatum a Israele ed ergendosi a unico vero difensore della causa palestinese, vista l’inazione di Fatah. In questo modo, la dirigenza del movimento islamista aggiunge pressione sul partito del Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, all’indomani della cancellazione delle elezioni generali previste per fine maggio. Abbas aveva annullato il voto per timore di subire un netto ridimensionamento a favore di Hamas, ma aveva mascherato la mossa con la protesta contro Israele, che non ha permesso che al voto partecipassero i residenti di Gerusalemme Est. Parallelamente, il Premier israeliano Benjamin Netanyahu è in difficoltà con la formazione del governo dopo le quarte elezioni inconclusive in 2 anni, per di più con il delicato passaggio dell’elezione del Capo dello Stato tra un mese. Tanto Hamas quanto Netanyahu potrebbero trarre qualche vantaggio a brevissimo termine da un proseguimento limitato degli scontri. In più, va considerato che solitamente le IDF utilizzano questi ricorrenti momenti di tensione per effettuare operazioni sulla Striscia pianificate da tempo contro Hamas e gli altri gruppi armati gazawi. Queste operazioni tipicamente possono durare alcuni giorni, con l’obiettivo di degradare le capacità offensive della militanza palestinese.

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