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Libia, nuovo cartello di milizie a sostegno di Sarraj
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Con il decreto n.38 datato 18 gennaio, il Premier del Governo di Unità Nazionale (GUN) libico Fayez al-Sarraj ha riscritto la geografia della sicurezza a Tripoli, con una mossa che può avere ripercussioni ben al di là della fase attuale della crisi.
Rivista Italiana Difesa, 20 January 2021
by Lorenzo Marinone / Photo credits: Rivista Italiana Difesa
Con il decreto n.38 datato 18 gennaio, il Premier del Governo di Unità Nazionale (GUN) libico Fayez al-Sarraj ha riscritto la geografia della sicurezza a Tripoli, con una mossa che può avere ripercussioni ben al di là della fase attuale della crisi.
Il provvedimento, infatti, ha annunciato la creazione della “Autorità di supporto alla stabilità” (ASS), un nuovo apparato di sicurezza che dipende direttamente da Sarraj e quindi non rientra nella catena di comando né del Ministero dell’Interno né di quello della Difesa, cioè i dicasteri che finora avevano appannaggio esclusivo delle forze di sicurezza dell’Ovest. In più, l’ASS può contare su ulteriori spazi di autonomia visto che potrà basarsi su una linea di finanziamento del tutto indipendente. In questo modo, Sarraj ha dato una nuova patente di legittimità alle milizie a lui più fedeli. L’organigramma dell’ASS infatti prevede un presidente e 3 vice, tutti quanti scelti tra i miliziani che, negli ultimi mesi, si sono schierati con il premier contro il suo principale rivale politico, l’attuale Ministro dell’Interno Fathi Bashaga. Al vertice, Sarraj ha nominato Abdelghani al-Kikli, capo delle Forze di Abu Salim o Forza Gnewa, che sarà affiancato da Ayyub Bourras, comandante in ascesa delle Brigate Rivoluzionarie di Tripoli, da Hassan Buzariba, capo di una milizia di Zawiya, e Mosa Abu Al-Qassem Mosa Masmus. La mossa replica su scala maggiore una decisione analoga che risale a metà dicembre, quando la Forza RADA, tra le milizie più potenti della capitale e in controllo dell’aeroporto di Mitiga, era stata posta alle dirette dipendenze di Sarraj. Il motivo di questi cambiamenti nel panorama delle milizie tripoline va rintracciato nel braccio di ferro in corso da tempo tra Sarraj e Bashaga. Strisciante ma evidente fin dall’insediamento di Bashaga nell’autunno 2018, la tensione con il Premier è esplosa con il venir meno della minaccia di Haftar sulla capitale (giugno 2020). Da allora, il titolare dell’Interno non ha mai fatto mistero dell’ambizione di guidare il Paese. Per raggiungere l’obiettivo ha scelto 2 strade: l’accreditamento internazionale trasversale (ha fatto la spola tra Turchia e Francia, con più fortuna a Parigi che ad Ankara) e l’isolamento di Sarraj. Queste 2 direttrici si incrociano nella lotta senza quartiere che Bashaga ha dichiarato alle milizie, limitandone i traffici e lanciando operazioni anti-corruzione (l’ultima, denominata “Caccia al serpente”, annunciata l’8 gennaio). Nella prospettiva di Sarraj, la creazione dell’ASS serve quindi come garanzia per la sua sopravvivenza politica a breve termine. Ma i suoi effetti vanno potenzialmente molto più in là della parabola politica dell’attuale Premier. Prima di tutto perché crea ostacoli enormi a qualsiasi processo di riforma della sicurezza in Libia. Dal 2012, ogni tentativo fallisce perché cerca di accontentare milizie e gruppi armati invece di scardinarne il controllo sul territorio come premessa. L’ASS, di fatto, sancisce ancora una volta la regola che chi controlla fisicamente le istituzioni nella capitale ha in mano le chiavi del Paese, e rappresenta una linea di faglia ulteriore nel già frammentato panorama politico-securitario tripolino. In secondo luogo, perché crea per il nuovo GUN, che si deve insediare provvisoriamente in vista delle elezioni di dicembre, gli stessi problemi che aveva incontrato Sarraj nel 2016. Sarraj era riuscito a mettere piede a Tripoli solo dopo un patto con le milizie che si spartivano la città. Da allora ne è stato ostaggio in vario grado. Da ultimo, l’ASS può provocare un riassestamento vasto degli equilibri di potere tra le milizie attive in Tripolitania. Se l’organismo iniziasse davvero ad accedere a canali di finanziamento privilegiati (cosa non scontata, vista l’acredine tra Sarraj e il capo della Banca Centrale Libica al-Kabir), presto l’ASS verrebbe “corteggiato” da altre milizie locali desiderose di entrare nella spartizione di queste risorse e acquisirebbe una dimensione più vasta e un peso specifico maggiore. Non va poi sottovalutata la possibilità che iniziative di questo tipo vengano abilmente sfruttate dalla Turchia, potenza che sta attivamente cercando di radicarsi nell’Ovest anche attraverso la tessitura di una rete di alleanze locali a tutti i livelli. L’ASS non sembra avere particolari rapporti privilegiati con Ankara, allo stato attuale, né legami ideologici profondi su cui far leva. Tuttavia, le dinamiche del conflitto tra milizie in Tripolitania poggiano su una dimensione fortemente pragmatica, che ha costantemente travalicato qualsiasi tentativo di schematizzazione e riconduzione a schieramenti ben definiti. Da questo punto di vista, l’ASS potrebbe attirare l’attenzione della Turchia per altri motivi: il controllo del territorio in quelle parti di Tripoli dove sono concentrate le istituzioni politiche ed economiche principali, il radicamento in località-chiave per il controllo dei traffici (Zawiya), la rivalità con quei gruppi armati che, in questa fase, sono schierati a favore di Bashaga, l’uomo politico dell’Ovest più sensibile alle istanze di Francia ed Egitto, sponsor tradizionali delle forze della Cirenaica e rivali di Ankara sul piano regionale. Un eventuale attivismo turco per supportare una realtà come l’ASS mirerebbe, probabilmente, anche a marginalizzare i principali referenti di altri Paesi nell’Ovest libico, Italia in testa. Se la competizione tra Roma e Ankara si spostasse dal piano “legale” (addestramento delle FFAA e forze di sicurezza, accordi bilaterali con la Difesa) a quello “coperto”, asimmetrico, delle milizie, i turchi si troverebbero avvantaggiati. Più in generale, lo sviluppo di veri e propri referenti locali, capaci di agire come proxy anche nel caso in cui la presenza dei mercenari siriani diventasse politicamente insostenibile, assicurerebbe ad Ankara una presa più profonda sulle vicende libiche. L’influenza su gruppi armati attivi nella capitale (peraltro cercata con insistenza anche da parte di attori ostili alla Turchia, come gli EAU con settori delle Brigate Rivoluzionarie di Tripoli) permetterebbe di regolare meglio tempi e modi della riunificazione effettiva del Paese, punto che resta in cima all’agenda italiana.
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