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The case of Bilal Muhammad
Note: the Italian version of the text can be found below
As for the case of Nabil Benamir, the timely arrest of Bilal Muhammad made it possible to halt his jihadist proselytizing and recruiting activities in Italy. According to the investigations that have been conducted, the young Pakistani citizen allegedly received military training in his country of origin and was dedicated to promoting violent jihadist narratives both through social networks and in person by moving across the Italian territory.
Bilal Muhammad is a Pakistani citizen who was born in 1990. When he decided to flee his country of origin he was already married and had a young son. He embarked from Libya, with other illegal migrants, towards Italy where hearrived in January 2014. After a very short period spent in a reception centre in Syracuse, Bilal was transferred to Piazza Armerina (EN) at the centre of initial reception "La Città del Sole", where he was very quickly considered as a leader within the Pakistani community.
In the preparatory model for the investigation relating to the recognition of international protection, Bilal claimed to belong to the organization called Ale Sunnah Wal Jamaat, a military organisation believed to be close to al-Qa'ida and responsible for serious terrorist attacks in Pakistan.
After about a year, he began to move within the national territory rather intensely, finding support in the Pakistani communities of various cities. Initially, he moved to Cerro Maggiore (Milan, Italy), then to Lomazzo (Como, Italy). About two months later, he moved to Prato, always being received as a guest by Pakistani compatriots. After a month, he returned to Piazza Armerina where he lived in a special property for foreigners seeking international protection. During the following month, July 2015, he reached Prato again and finally, in September 2015, he went back to Lomazzo. During this time, Bilal weaved a dense network of relationships and used social networks both to proselytize and to maintain contacts with individuals linked in various ways to the extremist jihadist scene.
Bilal had two different Facebook profiles from which the investigators collected a large amount of material aimed at spreading jihadist propaganda, such as, for instance, a post referring to the terrorist attack that had recently occurred at the Charlie Hebdo headquarters in January 2015:
"In Paris, two mujahideen attacked the newspaper office where the cartoons mocking the prophet Mohammed were made and these two mujahideen sent the author of the cartoon mocking Mohammed to hell.”
There are also posts of the following tone, inciting the creation of a new group for terrorist purposes:
“Wake up mujahideen because you are divided into different groups. Create a group, if you want to be better make the switch. Reject the wrong things and accept the things said by the prophet Usman. You say you are Muslim, why are you afraid of non-Muslims? Either you don't say you are a Muslim or you try to be interested in martyrdom.”
While Bilal appeared unscrupulous through the social media channels, he showed greater caution on phone calls and throughout his meetings and movements across Italy. During one of these phone calls, however, his interlocutor stated that he had also been militarily trained in Pakistan in the so-called "Gun and Jihad Factory". Very worried about that conversation, Bilal tried to get the interlocutor to stop talking about such matters, considered as compromising and dangerous.
The request for political asylum was rejected by the Italian State and Bilal was arrested in Mantua in September 2015. In March 2017, he was sentenced to three years and two months of imprisonment for incitement to crime pursuant to art. 414 of the Italian penal code by the Court of Caltanissetta.
Il caso di Bilal Muhammad
Come accaduto nel caso di Nabil Benamir, l’arresto tempestivo di Bilal Muhammad ha permesso di arginare le sue attività di proselitismo e reclutamento jihadista in Italia. Stando alle indagini condotte, il giovane cittadino pachistano avrebbe ricevuto addestramento militare nel suo Paese d’origine ed era dedito a promuovere narrative violente di matrice jihadista sia attraverso i social network che spostandosi fisicamente attraverso il territorio italiano.
Bilal Muhammad, cittadino pakistano classe 1990, è sposato e ha un figlio piccolo quando, fuggito dal suo Paese, raggiunge la Libia e si imbarca, con altri migranti clandestini, in direzione dell’Italia, Paese che raggiungerà nel gennaio 2014. Dopo un brevissimo periodo in un Centro di accoglienza di Siracusa, Bilal viene traferito a Piazza Armerina (EN) - presso il Centro di prima accoglienza “La Città del Sole” -, dove, in breve tempo, inizia a essere considerato come un leader all’interno della comunità pachistana.
Nel modello propedeutico all’istruttoria relativa al riconoscimento della protezione internazionale, Bilal dichiara di appartenere all’organizzazione denominata Ale Sunnah Wal Jamaat, un’organizzazione militare ritenuta vicina ad al-Qa’ida e responsabile di gravi attacchi terroristici in Pakistan.
Dopo circa un anno, inizia a muoversi sul territorio nazionale piuttosto intensamente trovando sostegno nelle comunità pachistane delle varie città. Inizialmente, si sposta a Cerro Maggiore (MI), poi a Lomazzo (CO) e, circa due mesi dopo, si trasferisce a Prato, sempre ospite di connazionali. Dopo un mese, torna a Piazza Armerina vivendo in un apposito immobile per stranieri richiedenti protezione internazionale. Il mese successivo, luglio 2015, raggiunge nuovamente Prato e infine, nel settembre 2015, si reca di nuovo a Lomazzo (CO). In questo lasso di tempo, Bilal intreccia una fitta rete di relazioni e utilizza i social network sia per fare proselitismo che per mantenere contatti con individui legati a vario titolo alla scena estremista jihadista.
Bilal aveva due diversi profili Facebook dai quali gli investigatori hanno raccolto una cospicua mole di materiale volto a diffondere propaganda jihadista come, ad esempio, un post riferito all’attacco terroristico che era da poco avvenuto presso la sede di Charlie Hebdo nel gennaio 2015:
«A Parigi due mujaheddin hanno attaccato l'ufficio del giornale dove sono stati realizzati i cartoni che deridevano il profeta Maometto e questi due mujaheddin hanno mandato all'inferno l'autore del cartone che derideva Maometto».
Sono inoltre presenti post del tenore seguente, incitanti la creazione di un nuovo gruppo a fini terroristici:
«Svegliati mujaheddin perché sei diviso nei diversi gruppi. Crea un gruppo, se vuoi essere migliore fai il passaggio. Rifiuta le cose sbagliate ed accetta le cose dette dal profeta Usman. Tu dici di essere musulmano, per quale motivo ti spaventi dei non musulmani? O non dici di essere musulmano o cerca di interessarti al martirio».
Se attraverso i social Bilal appariva spregiudicato, nelle telefonate, così come negli spostamenti compiuti sul territorio, mostrava invece maggiore cautela. Durante una di queste telefonate, tuttavia, il suo interlocutore affermò di essere stato, anch’egli, addestrato militarmente in Pakistan nella cosiddetta «fabbrica dei fucili e della jihad». Molto preoccupato per quella conversazione, Bilal cercò di far smettere l’interlocutore di parlare di tali argomenti in quanto compromettenti e pericolosi.
La richiesta di asilo politico fu rifiutata dall’Italia e Bilal fu tratto in arresto a Mantova nel settembre 2015. Nel mese di marzo 2017 è stato condannato a tre anni e due mesi di reclusione per istigazione a delinquere ai sensi dell’art. 414 c.p. dal Tribunale di Caltanissetta.